Quando vengono coinvolti anche i parenti: le vittime "collaterali" dei delitti
La pistola d'ordinanza, un'arma che dovrebbe garantire la sicurezza dei cittadini, diventa invece strumento di morte nelle mani di alcuni esponenti delle forze dell'ordine. Non è un caso isolato, ma un fenomeno che si ripete nel tempo. Nel 2018, a Cisterna di Latina, un appuntato dei Carabinieri sparò alla moglie da cui si stava separando, ferendola gravemente, e uccise le sue due figlie prima di suicidarsi. Un altro episodio simile si è verificato lo scorso giugno a Roma, quando una poliziotta è stata uccisa a colpi di pistola da un suo collega, che poi si è tolto la vita. Nel Casertano, un maresciallo della finanza ha ucciso la moglie e la cognata prima di suicidarsi, mentre in Basilicata una guardia giurata ha sparato alla moglie, uccidendola a pochi metri dalla scuola elementare del loro figlio. Questi delitti spesso si concludono con un suicidio e coinvolgono anche parenti stretti delle vittime, oltre ai figli. È un fenomeno tragico e preoccupante che richiede una riflessione approfondita sulla gestione delle armi da parte delle forze dell'ordine.
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