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Ecuador: narcotrafficante si arrende

La richiesta condizionata del leader dei Los Lobos

Cronaca
12/01/2024

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Fabricio Colón Pico, uno dei due maggiori narcoboss dell'Ecuador evasi dal carcere e artefici del caos di questi giorni nel Paese sudamericano, ha chiesto l'appoggio del presidente Daniel Noboa per consegnarsi alle autorità. “Non ho nulla da nascondere, voglio arrendermi, signor presidente” esordisce il leader dei Los Lobos in un video pubblicato sui social. “Sono scappato perché mi avevano detto che mi avrebbero ucciso, la mia vita è in pericolo, per nessun altro motivo”, continua Pico, soprannominato El Salvaje (“Il Selvaggio”).“Capisca, signor presidente: lei garantisce la mia vita, che non mi succederà nulla, e io mi arrendo” conclude il narcotrafficante, quasi col sapore di un ricatto o di una sorta di “resa condizionata”. El Salvaje è evaso il 9 gennaio dal carcere di Riobamba, 216 chilometri a sud di Quito. Ma la risposta di Noboa non si è fatta attendere, dai microfoni della radio Fm Mundo: “I terroristi devono essere trattati da terroristi, noi agiremo con fermezza” ha dichiarato il capo dello Stato, escludendo la possibilità di negoziare con lui, poiché “il Paese è stanco che i criminali stabiliscano le condizioni”. La conclusione del presidente non lascia adito a dubbi o ambiguità: “Se vuole, si costituisca; nessuno glielo impedisce”. Intanto, si viene a sapere che l'Ecuador chiederà agli stranieri che vogliono entrare nel Paese attraverso i confini con la Colombia o il Perù di presentare un certificato del casellario giudiziale. Ad annunciarlo è stato il ministero degli Interni, sostenendo che con questa misura si cerca di “prevenire e controllare l'ingresso di individui che costituiscono una minaccia o un rischio per l'incolumità pubblica”. La misura sarà in vigore finché dureranno i decreti di stato di emergenza e di conflitto armato interno nel Paese, emessi dal presidente a seguito dell'ondata di violenza. Saranno esentati i bambini e gli adolescenti accompagnati da un parente. Tra i massimi esperti di narcotraffico, il procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, commenta la situazione in Ecuador in un'intervista alla Stampa: “Prima dell'avvento dell'attuale presidente, le carceri erano fuori controllo. I boss delle varie organizzazioni criminali uscivano ed entravano quando volevano”. Gratteri aggiunge che nel Paese “ora qualcosa sta cambiando. Il caos di questi giorni è legato a un cambiamento di passo che prevede l'estradizione dei detenuti stranieri e il trasferimento dei boss del narcotraffico nelle carceri di massima sicurezza”. Forte di un lavoro durato decenni, a studiare e a combattere i traffici di droga tra l’America latina e l’Europa, Nicola Gratteri, a lungo procuratore a Catanzaro (ha sempre definito la ‘ndrangheta la mafia più potente e ricca del mondo), continua: “L'Ecuador è il terzo Paese al mondo per sequestri di cocaina, dopo Colombia e Stati Uniti. È incuneato tra Colombia e Perù e dai tempi dei cartelli colombiani garantisce la spedizione di ingenti partite di cocaina destinate al Nord America e all'Europa”. Il procuratore di Napoli spiega poi che “negli ultimi cinque-sei anni” è stato “notato un numero maggiore di carichi sequestrati in Italia provenienti da lì e un'attenzione particolare da parte di clan albanesi che sono andati a vivere nella zona portuale di Guayaquil”. Sul fatto che sia ancora la ‘ndrangheta il principale interlocutore dei narcos, anche ecuadoriani, sottolinea: “Assolutamente, e con le maggiori organizzazioni criminali del luogo”.

Fonte: AFP