La leggendaria "sfortuna" che colpisce chi sottrae reperti dagli scavi ha spinto molti a tornare sui propri passi
Una manciata di reperti di pomice accompagnata da un biglietto anonimo, scritto in inglese. È il contenuto di un pacchetto che il direttore del Parco archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel si è visto recapitare. "Non sapevo della maledizione. Non sapevo che non avrei dovuto prendere delle pietre. Nel giro di un anno mi sono accorta del cancro al seno. Sono giovane e in salute e i medici dicono che si è solo trattato di 'sfortuna'. Per favore accetta le mie scuse e questi pezzi. Mi dispiace", si legge nel messaggio, postato su X da Zuchtriegel che invia alla donna un “in bocca al lupo” per la guarigione. Messaggi come quello della giovane turista arrivano frequentemente alla direzione del Parco. Ne sa qualcosa Sophie Hay, archeologa che lavora da anni a Pompei, che spesso li pubblica sui suoi profili social. “Mi dispiace di aver preso la roccia. La restituisco non per sfortuna ma perché mi sentivo in colpa”, si legge su un altro biglietto. Il riferimento che si trova in entrambi i messaggi è quello alla “sfortuna” che colpirebbe chiunque prelevi reperti da Pompei. La “leggenda della maledizione” spinge tanti a restituire il maltolto, prelevato come “ricordo” del viaggio o souvenir, senza rendersi conto della gravità del gesto. “E' un peccato, ma devo rispedire indietro queste pietre magiche prese nel 2006. Non hanno portato fortuna a me e alla mia famiglia”, scrive Jana allegando una manciata di sassi. “Non sappiamo se è stata la maledizione o solo una coincidenza, ma da quando abbiamo queste pietre siamo sfortunati”, si legge in un'altra lettera che accompagna un pacchetto con alcuni frammenti di colonne di Pompei, presi “per ricordo” e restituiti per “mala sorte”. Qualcuno, semplicemente, se li ritrova in casa, magari ereditati da parenti, e decide di rimandarli indietro. Altri si preoccupano di scrivere la data in cui li hanno sottratti… In altri casi si è trattato di furto premeditato. Nell'ottobre 2021 è stato rubato un chiusino in marmo dalla Domus di Sirico, ubicata nella Regio VII e in un'area all'epoca accessibile al pubblico. Nel 2017 è sparita una borchia in bronzo risalente al VI secolo A.C., esposta nella mostra 'Pompei e i Greci' all'interno della cosiddetta Palestra Grande. La borchia, ornamento per porte, era infissa su un pannello di legno e coperta da un pannello di plexiglass. Anche questo furto si sarebbe verificato durante l'orario di apertura al pubblico. Risale invece al 2014 il furto di un frammento di affresco di valore inestimabile, grande circa 20 centimetri, che raffigurava la dea Artemide e adornava un cubicolo della domus di Nettuno, sulla via Consolare. Poche settimane fa, invece, in casa di un uomo belga è stato ritrovato un reperto rubato una cinquantina di anni fa. Voleva vendere la casa del padre e ha contattato gli esperti per conoscere il valore di quel pezzo di marmo. Si è scoperto che arrivava proprio da Pompei e a Pompei sarà restituito.
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