Primo rapporto ufficiale dopo l'ondata di violenze scatenata dalla fuga del boss del narcotraffico
Le forze armate ecuadoriane hanno ucciso cinque “terroristi”, ne hanno arrestati 329 e hanno liberato 41 ostaggi. È questo il bilancio reso noto dal capo del comando congiunto, Jaime Vela. Si tratta del primo rapporto ufficiale sulle operazioni effettuate dopo l'ondata di violenze scatenata dalla criminalità organizzata in tutto il Paese dopo che il nemico numero uno delle autorità, Adolfo Macias, boss del narcotraffico, è evaso da un carcere di massima sicurezza di Guayaquil. È ricercato. Nel frattempo, un giudice ecuadoregno ha disposto la custodia cautelare per reati di terrorismo per undici dei 13 sospetti arrestati per l'irruzione nella sede dell'emittente TC Television, presa d'assalto da un gruppo armato: 15 minuti di minacce e paura trasmessi in diretta. Gli altri due detenuti, minori, sono stati inviati in un centro minorile, sempre con l'accusa di terrorismo. I tredici fermati hanno tra i 16 e i 26 anni di età, secondo quanto reso noto dal generale della polizia nazionale Cesar Zapata e ripreso da ‘Metroecuador’. Per il reato di terrorismo sono previste pene fino a 26 anni di reclusione, fino a 8 per i minori. Resta dunque lo stato d'emergenza proclamato dal presidente della Repubblica, Daniel Noboa, che ha ricevuto l'appoggio dell'ex presidente Rafael Correa. Per Noboa si tratta della “prova del fuoco” visto che si è insediato due mesi fa e ha dichiarato guerra ai narcotrafficanti. Oltre alla zona di Guayaquil, rapine, saccheggi e sparatorie sono avvenute in almeno sei carceri, in alcuni casi con la presa di guardie in ostaggio, e cinque ospedali. Nel nord della capitale, diversi individui hanno sparato contro i veicoli che passavano, provocando la morte di cinque persone e ferendo uno studente di una scuola della zona. Un gruppo armato ha fatto irruzione in un magazzino di pezzi di ricambio e ha ucciso tre persone. Una violenza scatenata dopo la fuga dal penitenziario di Guayaquil di Macias, detto ‘Fito’, e a tre giorni dall'arresto di Fabricio Colon Pico, boss dei Los Lobos, accusato dalla procuratrice generale Diana Salazar di volerla uccidere. In particolare, temendo di essere trasferito nel carcere di massima sicurezza a la Roca, Pico avrebbe incentivato sommosse carcerarie e manifestazioni in suo favore.
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