Il primo trattato sui diritti umani per evitare la ripetizione delle atrocità della Seconda guerra mondiale
La nostra intera eredità culturale è il prodotto del contributo di tutti i popoli. Queste parole furono scritte da Raphael Lemkin, un avvocato ebreo polacco, nel suo libro "Genocidio - Un crimine moderno", in riferimento a ciò che accadde agli ebrei durante il regime nazista in Germania. Lemkin non solo definì il reato, ma nel 1944 coniò il termine "genocidio" per descrivere quello che Winston Churchill aveva definito un "crimine senza nome". Dopo la guerra, Lemkin si batté incessantemente presso le Nazioni Unite, appena fondate, per evitare che si ripetessero le atrocità commesse durante la Seconda guerra mondiale. La parola "genocidio" divenne il termine per descrivere l'assassinio sistematico di circa sei milioni di ebrei e di altre persone in base alla loro etnia da parte dei nazisti. La Convenzione sul genocidio è entrata in vigore il 12 gennaio 1951 ed è stato il primo trattato sui diritti umani adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1948 con l'impegno della comunità internazionale affinché non si ripetessero mai più le efferatezze della Seconda guerra mondiale. L'obbligo di non commettere genocidio viene considerato come norma di "diritto internazionale consuetudinario" e quindi vincolante per tutti gli Stati, indipendentemente dalla ratifica della Convenzione. Per le controversie tra Stati membri dell'ONU, si ricorre alla Corte internazionale di giustizia (Cig), che non va confusa con la Corte penale internazionale, istituita nel 2002, che ha il compito di giudicare individui colpevoli di crimini di guerra, contro l'umanità e genocidio. La concezione di Lemkin del genocidio fu ampiamente accettata dalla comunità internazionale e costituì una delle basi giuridiche del processo di Norimberga. La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di Genocidio definisce la fattispecie giuridica del genocidio come una serie di atti compiuti con l'intento di distruggere, totalmente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. La Convenzione ha formulato per la prima volta una definizione precisa degli atti di genocidio proibiti. Non rientrano nel concetto di genocidio lo sterminio di gruppi politici né il "genocidio culturale", ovvero la distruzione della cultura di un gruppo umano. La Convenzione prevede quattro diversi meccanismi di garanzia a tutela dei diritti da essa sanciti: l'istituzione di procedimenti giudiziari nei tribunali dello Stato in cui sono stati commessi atti di genocidio, l'istituzione di un Tribunale penale internazionale, il ricorso agli organi competenti dell'ONU e il ricorso di uno Stato alla Corte internazionale di giustizia contro lo Stato autore di genocidio. La Convenzione tanto voluta da Lemkin è la base del ricorso del Sud Africa e che ha portato Israele di fronte alla Corte dell'Aja.
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