Scene da fine governo, più che da inizio legislatura: quella prevista oggi in Argentina sarà una giornata particolare. La quotidianità del Paese sudamericano è scossa dallo sciopero generale proclamato dai principali sindacati argentini, una serrata generale che avrà inizio alle 12 (quando in Italia saranno le 16) contro la politica economica e sociale del governo del presidente Javier Milei.
Scene da fine governo, si diceva, perché c’è un’ampia fetta di popolazione che ha sostenuto convintamente “El loco” e che ora già si dice pentita. La serrata giunge infatti ad appena 45 giorni dall'insediamento di Milei alla Casa Rosada, superando il precedente primato che riguardava una protesta sindacale contro l'ex presidente Fernando de la Rua (1999-2001, il cui mandato fu travolto dalla crisi di inizio secolo), organizzata dopo tre mesi dall'inizio del suo governo.
L’ispirazione neoliberista delle politiche economiche e sociali del “capo dello Stato con la motosega”, dicono gli analisti di diversa estrazione e non solo peronisti, tende a cancellare – e non soltanto a ridimensionare – i diritti dei lavoratori, limitandone perfino la possibilità di sciopero.
Al centro dei programma di governo di Milei, il Decreto di necessità e urgenza (Dnu), entrato in vigore alla fine di dicembre, e la Legge Omnibus di oltre 660 articoli, che sarà esaminata dalla Camera dei deputati a partire da domani. Entrambi i provvedimenti hanno come obiettivo una forte riduzione della presenza dello Stato nell'economia, la flessibilità del lavoro, numerose privatizzazioni e liberalizzazioni dei meccanismi finanziari e commerciali.
E, proprio a proposito della Legge Omnibus, l’ampio pacchetto di riforme e di riorganizzazione dello Stato chiesto da Milei e inviato al Congresso per essere approvato in sessioni straordinarie, il governo ha incassato un primo punto a favore: i deputati hanno dato il via libera a un parere maggioritario, anche se con dissensi. Il dibattito che ha interessato l’ambizioso progetto, avvenuto in una riunione plenaria delle commissioni parlamentari, è durato cinque ore e si è concluso, tra tensioni e modifiche dell'ultimo minuto, solo nelle prime ore del mattino.
La mobilitazione, della durata di 12 ore, è stata promossa dalla Confederazione generale dei lavoratori (Cgt) e da altre organizzazioni sindacali nazionali, mentre l'Associazione lavoratori dello Stato (Ate) – che si sente particolarmente presa di mira dai progetti governativi neoliberisti – ha indetto uno stop dal lavoro di 24 ore, già in corso e iniziato a mezzanotte.
Insieme ai sindacati, scenderanno in piazza davanti alla sede del Parlamento, a Buenos Aires, anche i partiti dell'opposizione di sinistra e varie associazioni sociali, culturali, studentesche e di difesa dei diritti umani. Lo sciopero di oggi, oltretutto, è stato insolitamente indetto nel periodo dell'estate australe, caratterizzata da clima mite e alte temperature: condizioni che renderanno più facile per la popolazione scendere in strada a sfilare in corteo.
Non ci sono commenti