La dottoressa Maria Grazia Bocci spiega l'utilizzo dell'ECMO per i casi più gravi
Durante la pandemia da Covid-19, abbiamo sentito parlare dell'ossigenazione extracorporea, una tecnica utilizzata per i casi più gravi di Covid-19, ma anche per pazienti con insufficienza cardiaca o respiratoria. Recentemente, presso l'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive IRCCS "Lazzaro Spallanzani", è stato avviato per la prima volta un trattamento ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation) veno-venoso per un caso di influenza H1N1. Questo trattamento è stato possibile grazie alla collaborazione con il servizio dei perfusionisti della cardiochirurgia del San Camillo-Forlanini. La dottoressa Maria Grazia Bocci, direttrice della Rianimazione e Terapia Intensiva dello Spallanzani, spiega che l'ECMO è un trattamento estremo raccomandato in caso di fallimento della ventilazione convenzionale. Questo trattamento è stato avviato a causa dell'aumento della diffusione dell'influenza e della pressione sui Pronto Soccorso e le Terapie Intensive. L'ECMO è una procedura invasiva che supporta le funzioni vitali del paziente, come la respirazione e la funzionalità cardiaca. Viene effettuata una circolazione extracorporea per aumentare l'ossigenazione del sangue. Vengono inserite delle cannule nelle grosse vene, da cui viene estratto il sangue che, dopo essere stato ossigenato da un apparecchio esterno, viene reimmesso in circolo. È importante avviare il trattamento precocemente, nei primi giorni di aggravamento della malattia.
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